Veronica Gavotto

Veronica Gavotto

Cantante

Foto di Paolo Viglione

Cantare significa prendere le ferite e dipingerle di bellezza

Veronica Gavotto, nata a Cuneo nel 2001 e cresciuta a Roccaforte Mondovì, ha frequentato due anni di Liceo Classico per poi completare gli studi al Liceo delle Scienze Umane. Ha scelto di raccontarsi «perché penso che un cantante e un artista in generale sia anche un comunicatore e che sia importante mettersi in gioco. In secondo luogo perché penso che parlare della mia esperienza possa magari essere di piccolissimo aiuto per qualcuno».

Ho iniziato a cantare da piccolissima, quando a Natale i miei genitori mi regalarono un karaoke attaccato a una vecchia televisione quadrata, degli anni 2000. Passavo ore a cantare i grandi successi, con un vecchio microfono giallo vintage di mio padre. Alle recite dell’asilo, durante il canto finale, ero sempre in prima fila a gesticolare estasiata, rapita dalla potenza del canto. Ho continuato a cantare a tutto volume per anni nella mia cameretta fino a quando, a 13 anni, ho iniziato a prendere lezioni da un’insegnante privata.

C’è un brano particolarmente significativo per te?

Sintetizzando ce ne sarebbero due. Il primo è “Skyfall” di Adele, il brano con cui ho vinto il mio primo karaoke a 12 anni, pezzo che mi porto dentro perché rievoca quel momento in cui ho capito di sentirmi a casa sul palco. Il secondo è “Emozioni” di Lucio Battisti, brano che incarna il significato del canto per me e che ha una forte valenza evocativa nei confronti di fasi difficili della mia vita poiché contiene spunti sull’esistenza come nucleo cardine di riflessione. Fotografa i diversi tratti dell’animo umano, per atterrare poi su una tristezza che si ripropone in maniera continua, tristezza che è l’inevitabile risultato di un vortice di emozioni causate da una forte sensibilità e, per questo, comprensibili solo a pochi, così come viene espresso nella frase “Capire tu non puoi/ Tu chiamale se vuoi emozioni”. È un brano che incarna tutto ciò che ho affrontato durante le mie fasi più difficili e che dà meravigliosamente un senso a tutto

Cosa significa per te cantare?

Il canto per me, fin da piccola, è sempre stato una sorta di esigenza inconscia: più crescevo, più sentivo che non potevo farne a meno. Per me era qualcosa di naturale, cantare significava buttare fuori, dare sfogo ad una sensibilità a volte ingombrante fino a quando, a 12 anni circa, quasi senza che me ne rendessi conto, è diventato una vera e propria valvola di sfogo potente per affrontare ansia e depressione. Sentivo che potevo canalizzare il dolore, la rabbia, la paura dell’incomprensione in qualcosa di profondamente mio, che trasformava le debolezze in bellezza. Cantare per me significa tuttora prendere le ferite, le fratture, le lacerazioni profonde e, invece che cercare di nasconderle o negarle, dipingerle di bellezza, evidenziando i punti in cui un animo è andato in frantumi come segno di qualcosa che non può più essere quello che era prima della lacerazione, ma che può solo diventare qualcosa di nuovo e diverso, bello proprio perché ha compiuto il travaglio della crescita. Cantare per me significa trasformare le cicatrici in poesia.

Come ti vedi da qui ai prossimi dieci anni, in relazione alla musica?

La musica è certamente qualcosa che farà sempre parte della mia vita, come è sempre stato, tra dieci anni farà parte di me come ne fa parte oggi. Il mio obiettivo è proprio quello di vivere di musica. Parallelamente al canto studio anche teatro; per me recitare è qualcosa di complementare e spero di poterlo includere nel mio lavoro futuro, che sia facendo musical o teatro di prosa e televisione.

Cosa studi al Ghedini?

Al Conservatorio studio canto pop-rock; il canto è una passione che mi porto dietro da tempo immemore, ragion per cui non ho avuto dubbi riguardo alla scelta del percorso di studi da seguire. Attualmente ho terminato il secondo anno accademico del triennio e sto per iniziare il terzo con la professoressa Roberta Daniel.

Ti trovi bene nell’Istituto?

La mia esperienza al Conservatorio è stimolante e formativa: abbiamo la possibilità di lavorare a stretto contatto con artisti che mettono la loro carriera e le loro conoscenze a nostra disposizione. Inoltre, avendo classi piccole si instaura sempre un rapporto con il docente e possiamo essere seguiti individualmente con attenzione.

Che ambiente hai trovato?

Fin dal primo giorno, al Ghedini ho subito trovato un ambiente familiare, informale nel migliore dei modi. È un ambiente dove generalmente ci conosciamo tutti, ci confrontiamo, parliamo. Ho trovato ottimi amici che hanno molti punti di contatto con me, con cui lavoro volentieri e con i quali riesco ad esprimermi liberamente. Qui ho imparato che è importante riuscire a non mollare mai.

Raccontaci qualcosa di divertente che ti è capitato tra aule e corridoi.

Era l’ultima settimana di esami della sessione estiva, ed io e un mio caro amico arrivavamo stanchi e stressati a causa di lezioni ed esami che si sovrapponevano. Quella mattina sono entrata in Conservatorio, nella sede Cantore, pronta a sostenere l’esame e, varcato il lungo corridoio, ho subito visto lui dall’altro estremo che mi puntava con un dito ridendo per non piangere. Così ci siamo guardati, abbiamo preso la rincorsa e, disperati ma felici, ci siamo corsi incontro, incontrandoci a metà corridoio e abbracciandoci ridendo. A quel punto si è aperta la porta di un’aula davanti a noi e un professore, sentendo probabilmente la corsa, è sbucato a chiederci se andasse tutto bene: divertiti, gli abbiamo risposto che era tutto normale per noi e che la sessione faceva questo effetto.

Come descriveresti il lavoro nel mondo della musica e in che modo il Conservatorio ti ha preparato ad affrontarlo?

Il lavoro nel mondo della musica è sicuramente incerto, quello della musica e dell’arte in generale è un mondo difficile, penso tuttavia che il Conservatorio ti dia gli strumenti, lavorativi e non, per poter navigare bene nel mare che costituisce il mondo dello spettacolo. È importante crederci e fare del proprio meglio per potersi destreggiare in questa rete vastissima.

Potete ascoltare i lavori di Veronica su Youtube e Spotify.